VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO B) |
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VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA (At 10,25-27.34-35.44-48) Dagli Atti degli Apostoli SALMO RESPONSORIALE (Sal 97) Cantate al Signore un canto nuovo, SECONDA LETTURA (1Gv 4,7-10) Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo Canto al Vangelo (Gv 14,23) VANGELO (Gv 15,9-17) + Dal Vangelo secondo Giovanni Commento VI di Pasqua- B di Don Pasquale Pio Di Fiore
Il Vangelo di questa domenica, VI di Pasqua, si può leggere quasi in sinossi con il brano evangelico di domenica scorsa: i due brani sono collegati non solo perché l’uno è il seguito dell’altro ma soprattutto perché ci si può accorgere di una consonanza di parole, di immagini e di intenzioni tra questi testi, come se il Signore volesse rassicurarci in profondità sul desiderio che i suoi discepoli portino molto frutto e che questo frutto rimanga.
Il Maestro ci assicura gioia (e una gioia piena) se come tralci innestati saldamente alla vite, resteremo nel suo amore, quell’amore di affidamento di cui è intessuto il suo rapporto con il Padre e l’umanità e a cui i suoi discepoli sono invitati a non porre resistenza. Il cammino di ogni cristiano consiste nel dimorare nell’amore di Gesù e in questo amore si dimora in molti modi, tanti quante sono le vocazioni che ciascuno di noi è chiamato a vivere in accordo con la volontà di Dio.
L’amore è la verità di Gesù fatta stile di vita e, coerentemente a questa verità, il discepolo diventa “apostolo”, costituiti perchè si metta in cammino, consapevole di star mettendo in pratica una parola normativa, una parola cioè che diventa comandamento. Sì, comandamento: perché non basta amare “a proclami”, non basta più semplicemente “dire” ma è necessario “dare” l’amore perché così ha comandato Gesù.
Molto spesso facciamo esperienza di come le leggi, i comandamenti e i precetti restringono un po’ le nostre azioni e i nostri desideri: li vediamo come qualcosa di limitante la nostra libertà. I comandamenti di Gesù, invece, producono l’effetto contrario perché restituiscono il gusto della vera libertà di spirito. Chi fa esperienza dell’amore vero, quello che prende a modello l’amore di Gesù per il Padre e per il mondo, si rende conto che quest’amore è veramente liberante perché ci fa essere noi stessi, più umani e più fratelli tra di noi.
Allora l’amore diventa più di un comandamento: diventa la trama della nostra vita di uomini e di donne cristiani, delle nostre relazioni con il mondo e con Dio. Amare diventa la risposta più concreta alla nostra vocazione. Insomma, il Signore quasi ci costringe a ritornare alla sorgente del nostro essere creature, alla nostra vocazione originaria, quella di essere sempre disponibili all’amore. Noi siamo fatti per amare e questo lo scopriamo ogni giorno quando svolgiamo con passione il nostro lavoro, quando torniamo a casa e sentiamo la protezione della nostra famiglia, quando scambiamo quattro chiacchiere con gli amici. La cattiveria, che a volte ci prende, non ci appartiene né come persone né tantomeno come seguaci di Gesù. E chi ama dà la vita, a tutti e in tutto, senza sconti.
Questa disponibilità a sacrificare la propria vita, cioè a “renderla sacra” e meritevole di gioia piena, ci dischiude l’amicizia di Gesù che per primo ha donato la vita e continua a donarla a quelli che gliela chiedono.
Non siamo più servi, schiavi di comandamenti di facciata che intorpidiscono il nostro spirito, ma siamo amici di Cristo perché invitati a corrispondere al motivo per cui siamo stati voluti da Dio, cioè all’amore. Il peso di questo comandamento, come ci ricorda Gesù, è leggero perché è veramente liberante: fa sentire leggeri, mette le ali, fa toccare il cielo con un dito. Anzi, ci fa portare un frutto duraturo, che resiste all’usura del tempo e della cattiveria.
È semplice a dirlo ma è difficile a farlo…da soli! Alla fine del Vangelo Gesù ci dice che, se saremo radicati nella sua Parola, tutto quello che chiederemo ci sarà concesso dal Padre: la prima cosa da chiedere è appunto questa capacità di seminare carità ovunque ci troviamo, operando con amore per la nostra e per l’altrui gioia.
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